• San Gregorio Art Gallery – Elio Cassarà in mostra

    On: 24 Agosto 2018
    In: News
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    Elio Cassarà

    Poetico e pittorico

    Un rosario che si snocciola con emozione ed esercizio rituale di contemplazione e di memoria, nel tragitto di un tempo breve per l’attraversamento delle ere e delle epoche, ma lungo quanto un’esistenza, dall’incedere dello zenith alle prime ombre del crepuscolo della vita di un individuo, di una generazione. Accade negli anni ottanta l’incipit che dura fino ad oggi, in una pendolarità ideale e reale, che non lascia fuori nessun attimo, per caso, ma li associa ad una coniugazione al futuro che comprende l’hic et nunc di questo presente. La mostra “Informale poetico” di Elio Cassarà, si specchia nell’animo eterno dell’Ulisse endemico che vive con noi, attorno a noi, che solo pochi si incaricano di interpretare, lasciando gli stretti vicoli dove non entra mai il sole a Palermo, neri come i colori eterni dell’antro dell’Etna. Fugge Elio ed elegge i suoi compagni visionari e maestri di dubbio, Turcato, Corpora e Foucault dagli spessi occhiali, stringendosi d’intesa con Vedova e Sanfilippo, Afro dalle pose maculate, mentre ribolle in lui tutta una trama alchimista, barocca, romantica, lunga fino all’America dell’action painting e all’Oriente del tachisme, più di ora, tempo eterno del mondo. Ma, per un Oriente ritrovato, subito una New York, dove si sono nutriti, Adolph Gottlieb e Mark Rothko. Quella di Cassarà non è una pittura banalmente naturalistica ma si tratta di uno studio sulla forma che in qualche modo recupera una visione “biologica”, “floreale” e “zoomorfa” riferita più che alle sembianze da imitare ai processi formativi della natura stessa, al suo dinamismo vitale, alla crescita degli organismi viventi, agli spazi di ambienti naturali visti da vicino. Si coglie la lezione delle avanguardie storiche che rompendo con il realismo e il naturalismo invertono il ruolo della natura e del linguaggio trasformando l’arte – come ben specificava Filiberto Menna – da una ricerca sul linguaggio della natura ad una sulla natura del linguaggio. La percezione dello spazio e del tempo proposta dal Cubismo di Picasso e dal Futurismo di Boccioni sono state agli inizi del secolo scorso una messa in discussione dello spazio euclideo e del tempo newtoniano a favore di uno spazio antiprospettico con più punti di vista e un tempo relativo legato al movimento e all’accelerazione. La visione di Cassarà è il risultato di un progressivo allontanamento da una realtà presunta oggettiva, assoluta, uguale per tutti, che ha visto sviluppi sempre più radicali di una modernità estrema. Se la ricerca astratta e informale, geometrizzante e materico- gestuale, ha negato totalmente la rappresentazione e l’interpretazione del vero, un certo informale italiano ha privilegiato una strada più poetica, che ha avuto nello storico dell’arte bolognese Francesco Arcangeli uno dei maggiori teorici e sostenitori. Questa pittura che mantiene viva una espressività appartenente all’arte che non rinuncia all’emozione, sia che si tratti del primitivismo di Giotto, dell’umanesimo di Piero della Francesca, del romanticismo di Turner, del cubismo di Picasso, del neoplasticismo di Mondrian o dell’action painting di Pollock. Cassarà si pone su questa linea di sviluppo dell’arte, che sperimenta nuove forme ma con un atteggiamento non di rottura. Non c’è dialettica fra il passato e il presente ma una continuità, che avvicina gli artisti di ieri con quelli di oggi, capaci sempre di interiorizzare la conoscenza attraverso una percezione, che affina i sensi e la sensibilità. Le immagini sono sempre attraversate da solchi metamorfici, di una natura evolutiva in cui si contaminano il colore e i sogni, in un modo a volte lineare e adesivo, a volte complicato e intrusivo, con un quid visionario che traspare sempre, come in un diario in pubblico, da cui sembra stagliarsi il profilo di Ezra Pound dei Pisan Cantos scritti in una gabbia, “grande” come una gogna. Nel suo viaggio alla ricerca di sé, si è accresciuto il fantasma della mente, che prima scriveva piccoli appunti da taccuino, da sacca del viandante, poi è passato a misure cattedrali, ad una architettura dipinta dove sono rappresentate immagini informi e memorie di sogni. Il tutto è come un codice personale a chiave, che ha bisogno di una ermeneutica, capace di resistere alle tante seduzioni della somiglianza e non lasciarsi scacciare dalle durezze e dalle stranietà babeliche. E Venezia c’è sempre, con le sue sfumature evanescenti, come una protettrice discreta, che si defila, appare e non appare, suggerisce e rassicura, senza essere mai paesaggio o maschera, ma linguaggio sottile, che ha imparato dal mondo, tanto quanto, ha insegnato al mondo, entrando nella post modernità, dopo avere saltato la modernità, a piè pari. Tutto è attuale, in questa disseminata distesa presentata dal corpus di Cassarà, in più di venti opere dove si può trovare tutto, a patto di saper vedere, di trovare uno spirito di contemplazione, senza appiattirsi nel delirio dalla tautologia, dove tutto quello che c’è è lì di fronte a te, mentre dell’altro c’è, sempre, un quid, una trasparenza, il richiamo di una vecchia parete, scaglie di sole e di mare, di cui Elio è maestro e noi una semplice margherita.

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  • Gaeta: Mostra di Franco Miele

    On: 15 Giugno 2018
    In: Mostre
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    Figure delle origini, figure dell’altrove 

    Mostra di Franco Miele con la partecipazione di Salvatore Bartolomeo

    Sabato 16 giugno 2018 alle ore 18 la Pinacoteca comunale di Gaeta presenta una mostra retrospettiva di Franco Miele (Formia 1924-Roma 1983) con l’esposizione di una quarantina di opere del maestro formiano gentilmente concesse dai figli Andrea e Elena. Nell’ambito della mostra, Salvatore Bartolomeo, pittore e concittadino di Franco, espone alcuni suoi dipinti eseguiti con modalità tecniche e sensibilità tendenti all’astrazione che tuttavia, a ben guardare, aprono una possibilità di dialogo con  quelli di Franco, quasi a testimoniare l’amicizia che legò l’allora giovanissimo Salvatore al già affermato Franco.

    Franco Miele è stato un poliedrico protagonista del dibattito artistico italiano del secondo dopoguerra del Novecento come giornalista, scrittore, docente, critico d’Arte e pittore con numerose partecipazioni alle più importanti collettive nazionali del tempo, come la Biennale di Venezia, La Triennale di Milano e la Quadriennale di Roma, inserito tra i grandi artisti dell’area romana.

    E’ nota la sua posizione critica a sostegno dell’Arte figurativa che evidenzia con articoli sui giornali e pubblicazioni sull’Arte, tra cui “Introduzione all’Arte moderna” e “La polemica sull’astrattismo” del 1958, ”L’Avanguardia tradita” del 1973.

    Nella qualità di docente di Accademia si è sempre battuto per l’incremento delle ore da dedicare alle discipline artistiche nelle scuole primarie e secondarie per arricchire il livello culturale dei giovani.

    Negli ultimi periodi di attività si è interessato dell’Arte russa e spagnola.

    Nel  trentacinquesimo anniversario della morte i due figli hanno voluto donare alla Pinacoteca Comunale di Gaeta due opere del papà facendo così nascere l’occasione di questa mostra che oltre a inserirsi perfettamente nella linea di ricerca della Pinacoteca sull’Arte nel territorio del Golfo , onora un gesto che lancia un forte segnale di collaborazione tra Formia e Gaeta, due città che a partire dalle attività culturali e turistiche dovrebbero procedere unite e con una programmazione coordinata a tutto vantaggio delle rispettive comunità.

    Interverranno  al Vernissage il prof. Marcello Carlino e del prof. Pasquale Lettieri che illustrerà una ricostruzione dell’attività di Franco Miele soprattutto  come critico e storico dell’arte.

    La mostra resterà aperta secondo gli orari della Pinacoteca fino al 15 luglio 2018 salvo proroghe.

     

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  • Galleria Nea: “Trasparenza e colore” dedicata alle opere di Emblema

    On: 4 Giugno 2018
    In: Mostre, News
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    Giovedì 4, alle ore 19.00, si inaugura presso la Nea (Via Costantinopoli 53 – piazza Bellini 59) la mostra Trasparenza e colore, dedicata a Salvatore Emblema, protagonista della corrente denominata Spazialismo.

    L’esposizione, a cura di Pasquale Lettieri, riaccende l’interesse sul pittore di Terzigno, scomparso nel 2006 a 77 anni. “La vera pittura è nella Natura” diceva Emblema; per essere la realtà stessa creazione e composizione. L’itinerario artistico di Emblema inizia nel 1948, con una serie di composizioni costruite con foglie essiccate, pietre e minerali raccolti alle falde del Vesuvio. Dopo un breve e incompleto corso presso l’Istituto Statale d’Arte di Napoli, si reca a Roma e entra in contatto con Carlo Levi e Ugo Moretti. Nel 1956 realizza la sua prima personale alla Galleria San Marco e comincia a sperimentare l’uso delle tele di sacco per le sue opere.Il mondo del cinema e della moda si interessano alla sua attività: collabora con Fellini e disegna modelli e stoffe per Schubert. Si trasferisce negli Stati Uniti, dove frequenta gli studi di Pollock e Rothko. 

    Tornato in Italiastabilisce una feconda relazione con il critico Giulio Carlo Argan che diventerà suo esegeta e promotore e gli presenterà Lucio Fontana. Questo incontro porta Emblema a riflettere sui temi dello spazio e della materia che fa da supporto alla creazione pittorica.

    Nascono tele di sacco nelle quali, sottraendo alcuni fili della tessitura, si intravede dietro di esse: “Non è più solo superficie e forma – chiariva l’artista – ma volume che esce dalla bidimensionalità e collabora con la luce. È come l’omerica Penelope – continuava – che trova la sua via di salvezza nello sfilare e disfare il già compiuto per restare fedele all’Odissea della pittura”.

    Frase aforistica che rispecchia la suggestione di una pittura modulare che fu coerenza di vita. Nel 1972 rifiuta la cattedra di pittura offerta dall’Accademia di Belle Arti di Catanzaro; riceve una consacrazione definitiva presso la Biennale di Venezia. Seguiranno importanti riconoscimenti presso il Metropolitan Museum di New York, gli Uffizi di Firenze, il Palazzo Reale di Napoli.

     

    Fonte: Repubblica.it

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