• THEO VAN DE GOOR ‘VISIONS AND DEMONS’

    On: 13 Maggio 2019
    In: Mostre, News
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    Visions and Demons’ è la prima personale italiana dell’artista fiammingo Theo Van de Goor, che include incisioni a puntasecca, oli e sculture ready-made.

    Ispirato alle favole e ai miti, l’epopea fiabesca di Theo Van De Goor racconta la storia dell’eterna lotta dell’uomo tra bene e male.

    _____________________________________________

    Theo van de Goor è un artista olandese ispirato a favole, miti e diavoli.  Cresciuto in una fattoria in un piccolo villaggio di fede cattolica romana nella parte meridionale dei Paesi Bassi, Theo popola il suo lavoro di animali, demoni e creature mitologiche.

    Ha dipinto se stesso come un missionario arrabbiato, come un soldato romano, come un indiano americano e come un demone. Ha realizzato incisioni su se stesso come Beelzebub e Apollyon. Dalle nature morte alle scene mitiche, bibliche e classiche e ancora alle favole e agli autoritratti, il suo lavoro racconta l’eterna lotta dell’umanità tra il bene e il male.

    “Dato che ero il più giovane di quattro fratelli, non mi hanno mai voluto nelle loro avventure; ero troppo lento, quindi sono rimasto a casa e presto il disegno è diventato il mio mondo.

    Una volta chiesi a mia madre di disegnarmi qualcosa così da poterne imparare. Che cosa? Un cane. Oggetto del mio desiderio. Lì sulla carta volò in rapida successione un punto per un occhio, una linea per la coda, e improvvisamente un piccolo cane prese vita. Sono stato sopraffatto!

    Da allora, l’amore per il disegno non mi ha mai abbandonato.”

    THEO VAN DE GOOR
    VISIONS AND DEMONS’
    Curatore: Stefania Minutaglio
    Contributo critico di:  Prof. Pasquale Lettieri

    11 [HellHeaven] Art Gallery
    11 Maggio – 05 Giugno 2019
    Via Giulia 103/A  Roma IT

    Links:
    https://11art.gallery/2018/11/06/theo-van-de-goor/
    https://www.artsy.net/show/11-hellheaven-visions-and-demons

    11 [HellHeaven] LLC

    Registered Office: 478 E Altamonte DR 108-450, AltamonteSprings, FL 32701
    Showroom in Roma:Via Giulia 103/A  Roma, IT
    Showroom in Miami2200 Biscayne Blvd Miami, FL
    Opening Time: Tue to Sat
    11 a.m. to 6 p.m. or under appointment

    Owner and DirectorStefania Minutaglio
    Art DirectorDaniele Belardo
    Sales Manager: David Ascoli

    Phone: Rome +39 06 4521 4974  | Miami +1 305 434 4081
    General inquiriesinfo@11art.gallery
    Presspressoffice@11hellheaven.it
    Showroom in Romaroma@11art.gallery
    Showroom in Miamimiami@11art.gallery

    Fonte: OneMagazine.it

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  • Auditorium al Duomo di Firenze – dal 13 al 28 Aprile

    On: 10 Aprile 2019
    In: News
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  • Lucio Fontana: Oltre la materia

    On: 9 Aprile 2019
    In: Mostre, News
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    Continua fino al 14 aprile la mostra di Lucio Fontana al Metropolitan Museum di New York. On the threshold, Lucio Fontana. Sulla soglia, il titolo della più importante retrospettiva negli ultimi quarant’anni dell’artista negli Usa. La tempestività è fondamentale nella determinazione delle sorti di una vicenda complessa come quella dell’arte, che appartiene al sistema dell’economia e della cultura, in quanto superato quell’attimo favorevole, tutto lascia     il tempo che trova ed anche l’invenzione, più intelligente diventa sterile. Questo accade, appunto, alla mostra di Lucio Fontana, On the threshold, proprio nel momento in cui si registrano, per sue opere sul mercato internazionale, quotazioni a due cifre, in milioni di euro, inimmaginabili, fino a poco tempo addietro. Opere presentate in modo mirabile nelle sale espositive del Metropolitan Museum di New York, colore nero, rosa, oro, rosso, bianco, giallo, in cui sono rappresentate tutte le tipologie del suo lavoro inventivo, sculture, ceramiche, quadri su tela, in un pieno di tagli, buchi, varchi, da lui inventati, per permettere al suo pensiero formale di entrare nello spazio verticale alla superficie e sperimentare una nuova idea di contaminazione con il tempo, nella sua determinazione di respiro esistenziale, pur rimanendo all’interno di una tradizione artistica consolidata, essenzialmente tonalistica, in cui le sculture sembrano fatte implodere, con un risucchio di sprofondamento che porta nell’inaspettato, nell’imprevisto e i quadri vengono coperti da strati di colore e poi spaccati, lacerati, con colpi netti che dettano un tessuto di discontinuità. Fontana accentua le caratteristiche alchemiche e barocche che avevano già caratterizzato la sua stagione figurativa, a partire dal suo mitico Uomo nero, di fine anni Trenta, confermandosi con l’aspetto estetico delle nuove scoperte scientifiche, scaturite da Einstein, traendone tutte le conseguenze che gli appaiono necessarie nel suo inseguimento dell’ignoto, che non è solo concettuale, ma per lui, essenzialmente visivo.

    La pittura viene sforzata in un ambito di pittoscultura, leggibile come fosse un bassorilievo, ma questo lo possiamo considerare un aspetto secondario, rispetto alla sua direzionalità che è quella di penetrare nelle coordinate del sublime, che sono senza misure e senza equilibri formali, che appartengono alla bellezza, di cui lui si ritiene fuori. Le sculture sono lavorate con una sorta di tecnica invasiva, con fenditure che spaccano la pelle della continuità, quasi a volerci entrare dentro, per guadare nel caos di un ignoto, segnando la fine delle certezze poetiche di una temporalità e di una spazialità, superate dalle nuove conoscenze che imponevano la necessità di rompere con la bidimensionalità, lavorando per discontinuità, per salti nel vuoto, concepiti come un itinerarium alla quarta dimensione, quella della durata, che è ritenuta la vera forma delle cose. La sua genealogia linguistica lo pone nell’olimpo degli innovatori, di quelli che hanno coniugato l’originalità, in senso ricco, all’interno della cultura dell’informale, concepito come sistema analitico di una linguistica della monocromaticità, la cui tensione gestuale è fatta di segni finiti e costanti, utilizzarti come elementari alfabetiche dell’essenzialità. Siamo nella linea delle avanguardie, della crisi di tutte le discipline consolidate, come se la scoperta apocalittica del big bang avesse disperso tutto un sapere di teorie e di poetiche, per cui nulla si trova più al proprio posto e tutto tende a separarsi in dimensioni diverse, di concetti spaziali, tra teatrini ed ellissi, fino ad arrivare ad un titolo che può essere di apertura o di chiusura di ogni immaginazione e mi riferisco alla Fine di Dio.

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  • San Gregorio Art Gallery – Elio Cassarà in mostra

    On: 24 Agosto 2018
    In: News
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    Elio Cassarà

    Poetico e pittorico

    Un rosario che si snocciola con emozione ed esercizio rituale di contemplazione e di memoria, nel tragitto di un tempo breve per l’attraversamento delle ere e delle epoche, ma lungo quanto un’esistenza, dall’incedere dello zenith alle prime ombre del crepuscolo della vita di un individuo, di una generazione. Accade negli anni ottanta l’incipit che dura fino ad oggi, in una pendolarità ideale e reale, che non lascia fuori nessun attimo, per caso, ma li associa ad una coniugazione al futuro che comprende l’hic et nunc di questo presente. La mostra “Informale poetico” di Elio Cassarà, si specchia nell’animo eterno dell’Ulisse endemico che vive con noi, attorno a noi, che solo pochi si incaricano di interpretare, lasciando gli stretti vicoli dove non entra mai il sole a Palermo, neri come i colori eterni dell’antro dell’Etna. Fugge Elio ed elegge i suoi compagni visionari e maestri di dubbio, Turcato, Corpora e Foucault dagli spessi occhiali, stringendosi d’intesa con Vedova e Sanfilippo, Afro dalle pose maculate, mentre ribolle in lui tutta una trama alchimista, barocca, romantica, lunga fino all’America dell’action painting e all’Oriente del tachisme, più di ora, tempo eterno del mondo. Ma, per un Oriente ritrovato, subito una New York, dove si sono nutriti, Adolph Gottlieb e Mark Rothko. Quella di Cassarà non è una pittura banalmente naturalistica ma si tratta di uno studio sulla forma che in qualche modo recupera una visione “biologica”, “floreale” e “zoomorfa” riferita più che alle sembianze da imitare ai processi formativi della natura stessa, al suo dinamismo vitale, alla crescita degli organismi viventi, agli spazi di ambienti naturali visti da vicino. Si coglie la lezione delle avanguardie storiche che rompendo con il realismo e il naturalismo invertono il ruolo della natura e del linguaggio trasformando l’arte – come ben specificava Filiberto Menna – da una ricerca sul linguaggio della natura ad una sulla natura del linguaggio. La percezione dello spazio e del tempo proposta dal Cubismo di Picasso e dal Futurismo di Boccioni sono state agli inizi del secolo scorso una messa in discussione dello spazio euclideo e del tempo newtoniano a favore di uno spazio antiprospettico con più punti di vista e un tempo relativo legato al movimento e all’accelerazione. La visione di Cassarà è il risultato di un progressivo allontanamento da una realtà presunta oggettiva, assoluta, uguale per tutti, che ha visto sviluppi sempre più radicali di una modernità estrema. Se la ricerca astratta e informale, geometrizzante e materico- gestuale, ha negato totalmente la rappresentazione e l’interpretazione del vero, un certo informale italiano ha privilegiato una strada più poetica, che ha avuto nello storico dell’arte bolognese Francesco Arcangeli uno dei maggiori teorici e sostenitori. Questa pittura che mantiene viva una espressività appartenente all’arte che non rinuncia all’emozione, sia che si tratti del primitivismo di Giotto, dell’umanesimo di Piero della Francesca, del romanticismo di Turner, del cubismo di Picasso, del neoplasticismo di Mondrian o dell’action painting di Pollock. Cassarà si pone su questa linea di sviluppo dell’arte, che sperimenta nuove forme ma con un atteggiamento non di rottura. Non c’è dialettica fra il passato e il presente ma una continuità, che avvicina gli artisti di ieri con quelli di oggi, capaci sempre di interiorizzare la conoscenza attraverso una percezione, che affina i sensi e la sensibilità. Le immagini sono sempre attraversate da solchi metamorfici, di una natura evolutiva in cui si contaminano il colore e i sogni, in un modo a volte lineare e adesivo, a volte complicato e intrusivo, con un quid visionario che traspare sempre, come in un diario in pubblico, da cui sembra stagliarsi il profilo di Ezra Pound dei Pisan Cantos scritti in una gabbia, “grande” come una gogna. Nel suo viaggio alla ricerca di sé, si è accresciuto il fantasma della mente, che prima scriveva piccoli appunti da taccuino, da sacca del viandante, poi è passato a misure cattedrali, ad una architettura dipinta dove sono rappresentate immagini informi e memorie di sogni. Il tutto è come un codice personale a chiave, che ha bisogno di una ermeneutica, capace di resistere alle tante seduzioni della somiglianza e non lasciarsi scacciare dalle durezze e dalle stranietà babeliche. E Venezia c’è sempre, con le sue sfumature evanescenti, come una protettrice discreta, che si defila, appare e non appare, suggerisce e rassicura, senza essere mai paesaggio o maschera, ma linguaggio sottile, che ha imparato dal mondo, tanto quanto, ha insegnato al mondo, entrando nella post modernità, dopo avere saltato la modernità, a piè pari. Tutto è attuale, in questa disseminata distesa presentata dal corpus di Cassarà, in più di venti opere dove si può trovare tutto, a patto di saper vedere, di trovare uno spirito di contemplazione, senza appiattirsi nel delirio dalla tautologia, dove tutto quello che c’è è lì di fronte a te, mentre dell’altro c’è, sempre, un quid, una trasparenza, il richiamo di una vecchia parete, scaglie di sole e di mare, di cui Elio è maestro e noi una semplice margherita.

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  • Gaeta: Mostra di Franco Miele

    On: 15 Giugno 2018
    In: Mostre
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    Figure delle origini, figure dell’altrove 

    Mostra di Franco Miele con la partecipazione di Salvatore Bartolomeo

    Sabato 16 giugno 2018 alle ore 18 la Pinacoteca comunale di Gaeta presenta una mostra retrospettiva di Franco Miele (Formia 1924-Roma 1983) con l’esposizione di una quarantina di opere del maestro formiano gentilmente concesse dai figli Andrea e Elena. Nell’ambito della mostra, Salvatore Bartolomeo, pittore e concittadino di Franco, espone alcuni suoi dipinti eseguiti con modalità tecniche e sensibilità tendenti all’astrazione che tuttavia, a ben guardare, aprono una possibilità di dialogo con  quelli di Franco, quasi a testimoniare l’amicizia che legò l’allora giovanissimo Salvatore al già affermato Franco.

    Franco Miele è stato un poliedrico protagonista del dibattito artistico italiano del secondo dopoguerra del Novecento come giornalista, scrittore, docente, critico d’Arte e pittore con numerose partecipazioni alle più importanti collettive nazionali del tempo, come la Biennale di Venezia, La Triennale di Milano e la Quadriennale di Roma, inserito tra i grandi artisti dell’area romana.

    E’ nota la sua posizione critica a sostegno dell’Arte figurativa che evidenzia con articoli sui giornali e pubblicazioni sull’Arte, tra cui “Introduzione all’Arte moderna” e “La polemica sull’astrattismo” del 1958, ”L’Avanguardia tradita” del 1973.

    Nella qualità di docente di Accademia si è sempre battuto per l’incremento delle ore da dedicare alle discipline artistiche nelle scuole primarie e secondarie per arricchire il livello culturale dei giovani.

    Negli ultimi periodi di attività si è interessato dell’Arte russa e spagnola.

    Nel  trentacinquesimo anniversario della morte i due figli hanno voluto donare alla Pinacoteca Comunale di Gaeta due opere del papà facendo così nascere l’occasione di questa mostra che oltre a inserirsi perfettamente nella linea di ricerca della Pinacoteca sull’Arte nel territorio del Golfo , onora un gesto che lancia un forte segnale di collaborazione tra Formia e Gaeta, due città che a partire dalle attività culturali e turistiche dovrebbero procedere unite e con una programmazione coordinata a tutto vantaggio delle rispettive comunità.

    Interverranno  al Vernissage il prof. Marcello Carlino e del prof. Pasquale Lettieri che illustrerà una ricostruzione dell’attività di Franco Miele soprattutto  come critico e storico dell’arte.

    La mostra resterà aperta secondo gli orari della Pinacoteca fino al 15 luglio 2018 salvo proroghe.

     

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  • Galleria Nea: “Trasparenza e colore” dedicata alle opere di Emblema

    On: 4 Giugno 2018
    In: Mostre, News
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    Giovedì 4, alle ore 19.00, si inaugura presso la Nea (Via Costantinopoli 53 – piazza Bellini 59) la mostra Trasparenza e colore, dedicata a Salvatore Emblema, protagonista della corrente denominata Spazialismo.

    L’esposizione, a cura di Pasquale Lettieri, riaccende l’interesse sul pittore di Terzigno, scomparso nel 2006 a 77 anni. “La vera pittura è nella Natura” diceva Emblema; per essere la realtà stessa creazione e composizione. L’itinerario artistico di Emblema inizia nel 1948, con una serie di composizioni costruite con foglie essiccate, pietre e minerali raccolti alle falde del Vesuvio. Dopo un breve e incompleto corso presso l’Istituto Statale d’Arte di Napoli, si reca a Roma e entra in contatto con Carlo Levi e Ugo Moretti. Nel 1956 realizza la sua prima personale alla Galleria San Marco e comincia a sperimentare l’uso delle tele di sacco per le sue opere.Il mondo del cinema e della moda si interessano alla sua attività: collabora con Fellini e disegna modelli e stoffe per Schubert. Si trasferisce negli Stati Uniti, dove frequenta gli studi di Pollock e Rothko. 

    Tornato in Italiastabilisce una feconda relazione con il critico Giulio Carlo Argan che diventerà suo esegeta e promotore e gli presenterà Lucio Fontana. Questo incontro porta Emblema a riflettere sui temi dello spazio e della materia che fa da supporto alla creazione pittorica.

    Nascono tele di sacco nelle quali, sottraendo alcuni fili della tessitura, si intravede dietro di esse: “Non è più solo superficie e forma – chiariva l’artista – ma volume che esce dalla bidimensionalità e collabora con la luce. È come l’omerica Penelope – continuava – che trova la sua via di salvezza nello sfilare e disfare il già compiuto per restare fedele all’Odissea della pittura”.

    Frase aforistica che rispecchia la suggestione di una pittura modulare che fu coerenza di vita. Nel 1972 rifiuta la cattedra di pittura offerta dall’Accademia di Belle Arti di Catanzaro; riceve una consacrazione definitiva presso la Biennale di Venezia. Seguiranno importanti riconoscimenti presso il Metropolitan Museum di New York, gli Uffizi di Firenze, il Palazzo Reale di Napoli.

     

    Fonte: Repubblica.it

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  • Giovanna Benzi: “Non solo nuvole”

    On: 24 Maggio 2018
    In: Mostre, Senza categoria
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    COMUNICATO STAMPA

    DAL 25 MAGGIO AL 3 GIUGNO  NELLA CASA FAMIGLIA DI CORMANO LA MOSTRA “NON SOLO NUVOLE”

    I QUADRI DI GIOVANNA BENZI SPUNTO PER UNA INTERESSANTE LEZIONE DI METEOROLOGIA

    Un’ iniziativa che si colloca all’interno delle numerose attività a favore degli anziani ospiti della Casa

    “Una nuvola non sa perché si muove in una certa direzione e a una certa velocità. Segue un impulso, è lì che deve andare. Ma il cielo conosce le ragioni e gli schemi al di là delle nuvole e anche tu li conoscerai, quando ti librerai abbastanza in alto per vedere l’orizzonte”. Sta forse in questa frase di Richard Bach e del suo celebre gabbiano Jonathan Livingstone tutta l’essenza della mostra della pittrice Giovanna Benzi “Non solo nuvole”, allestita da 25 Maggio al 3 Giugno presso la Casa Famiglia di Cormano in via Mazzini 23 a cura dell’organizzazione artistica Friarte-Roma, del critico d’arte Pasquale Lettieri e a cui ha collaborato anche il Circolo Culturale “Angeli Scalzi”di Arconate presieduto da Marinella Restelli, che annovera tra i suoi prestigiosi componenti anche il sen. Mario Mantovani che sarà presente all’evento.

    40 le opere in mostra dell’artista, che vive e opera a Cesena, ma che è nata a Milano, in cui esprime il suo messaggio pittorico e poetico appunto solo attraverso nuvole di ogni tipo e forma.

    Nuvole che rivestono un significato assolutamente metaforico della precarietà della vita, ma anche della bellezza e del fascino della natura, al di là dell’indiscutibile valore della tecnica. “Nuvole che sono sotto i nostri occhi, metafora e speculum dell’esistenza umana; esse lambiscono i nostri sensi, con tanta soffice delicatezza, così diversa dalle violenze a cui siamo antropologicamente abituati, che rischiano di passare inavvertite, mentre sconvolgono e continuano a sconvolgere i più consolidati parametri su cui si fondano i nostri paradigmi conoscitivi” come afferma il prof.Pasquale Lettieri che guiderà i presenti attraverso i significati artistici e metaforici delle opere.

    Una mostra affascinante a livello artistico, che si inquadra nelle molteplici attività che la Casa Famiglia propone ai suoi ospiti per sentirsi sempre a contatto con la Vita, ma che sarà arricchita anche da una riflessione scientifica. La prof.Francesca Duca, infatti, docente di Scienze della Terra presso il liceo Quasimodo di Magenta, prenderà spunto dai quadri per spiegare ai presenti qualche nozione di meteorologia. Un modo per imparare a guardare il cielo non solo con animo artistico e poetico, ma anche analizzandone i segnali climatici tra i più evidenti, le nuvole appunto.  Il pomeriggio sarà accompagnata dalle note della violinista Miranda Ferra.

    CENNI SULL’ARTISTA

    Giovanna Benzi è nata a Milano, vive e lavora a Cesena dai primi anni ’90. Diplomata all’Accademia di Belle Arti di Brera, ha insegnato educazione artistica nelle scuole medie. Ha alle spalle importanti esperienze anche in campo grafico e di Design. Ha lavorato a Milano con gli architetti Alessandro Mendini, Michele De Lucchi, Ettore Sottsass nello studio “Alchimia” e ha all’attivo diverse collaborazioni editoriali. Si è occupata di disegno anatomico e scientifico per le case editrici: Fratelli Fabbri Editori, Edifarm, Corriere della Sera e Domenica del Corriere. Da una quindicina di anni ha ripreso a dipingere acquerelli e oli. Ha realizzato mostre personali e ha partecipato a rassegne collettive in varie città d’Italia. Recentemente, per la realizzazione di proprie mostre, ha collaborato con le Amministrazioni Comunali di Bagno di Romagna (Palazzo del Capitano), di Cervia (Biblioteca Comunale) e dell’AUSL Romagna (Ospedale di Cesena).

     

    Mostra personale di GIOVANNA BENZI: “NON SOLO NUVOLE”

    Casa Famiglia di Cormano, via Mazzini 23

    Dal 25 maggio al 3 Giugno 2018

    Inaugurazione Venerdì 25 Maggio, ore 16.00

    Per maggiori informazioni: Elena Di Caro 3486128602

     

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  • Le opere di Tony Afeltra e Raffaele Amato in mostra a Sant’Antonio Abate

    On: 15 Maggio 2018
    In: Mostre, News
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    Circa quaranta opere degli artisti Tony Afeltra e Raffaele Amato, alla Cripta Congrega dell’Immacolata, a Sant’Antonio Abate dal 13 maggio al 10 giugno 2018.

    L’iniziativa dalla considerevole valenza culturale, porta la firma di Pasquale Lettieri, autorevole curatore d’arte che ha organizzato  mostre e rassegne culturali di rilevanza nazionale ed internazionale ed è organizzata dalla Associazione Sud Vesevus Art.

    La location dell’evento ha ispirato gli artisti, nonché il curatore della mostra, a intitolarla “Crypta manent”, una tensione estetica e concettuale in cui si condensa la condizione post moderna: un caleidoscopio, dove tutto riesce ad incastrarsi col tutto, costituendo un universo di segnali e di segni, che poi finiscono per avere un codice qualsiasi, che rivoluzioni, anche solo per un attimo, il nostro comune senso della percezione, oppure costituisce un nuovo modo di sentire, senza più ritorno, separando nettamente, un prima da un dopo, come documentano le opere esposte nella mostra di Sant’Antonio Abate, corredata da un elegante catalogo a colori. In occasione dell’inaugurazione, in programma per le ore 18.30 del 13 maggio 2018, interverranno, oltre al curatore e agli artisti, il Priore della Congrega dell’Immacolata Giulio Vernassi e il Presidente dell’Associazione Sud Vesevus Art.

    “Tony Afeltra e Raffaele Amato – scrive Pasquale Lettieri nel prezioso catalogo che fa da pendant alla mostra – con questa doppia personale hanno creato uno spazio estremamente espressivo e suggestivo, una grande confusione di vivi e di morti, i quali rivelano i desideri più vergognosi, le prove più atroci: la guerra, l’amore, il delitto, l’ansia. Un ripostiglio metastorico che sprizza energia misteriosa, in esso i due artisti hanno materializzato i ricordi e le emozioni. Il tema della morte in un’epoca come la nostra in cui essa non si manifesta più in maniera sopita, ma schiantante, visto il tran tran della depressione che ora indulge alla bulimia, della ricchezza e dello sfarzo, ora si piega all’anoressia, della sottigliezza e della scomparsa, per cui è il contesto in cui la mostra si articola, più che la singola opera a fare linguaggio, a fare da discrimine, visto che le paratie non esistono più e i valori sono quelli che le aristocrazie del potere e del volere, definiscono come tali e gli altri finiscono con accoglierli, vista la forza di persuasione dei media e dei social network. La pittura fortemente espressionista di Afeltra e Amato ci dice che la morte esiste, come è sempre esistita, oggi si può parlare di più morti coesistenti, conflittuali e questo non può che sorprendere solo gli ingenui, che pensano dell’arte solo cose angeliche e poetiche. Il pubblico si troverà  di fronte ad un palcoscenico esoterico, in una zona di confine tra la vita e la morte, in un limbo tra realtà e sogno. Quasi delle ombre che nel fugace transito tra il mondo terreno e l’aldilà non riescono a liberarsi del fardello delle proprie passioni terrene”.

     

    Info mostra

    Titolo: Crypta manent

    Artisti: Tony Afeltra, Raffaele Amato

    Curatore: Pasquale Lettieri

    Location: Cripta Congrega dell’Immacolata

    Vernissage: 13 maggio 2018 ore 18.30 al 10 giugno 2018

    Organizzazione artistica: Associazione Sud Vesevus Art

    Ufficio Stampa e contatti: Pasquale Napolitano – pasqualenapolitano81@gmail.com

    Catalogo in mostra

     

    Fonte: http://one-magazine.it/3002/ 

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  • Giovanna Benzi: ”Non solo nuvole”

    On: 11 Aprile 2018
    In: Mostre, News
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    Dopo la mostra monumentale del maestro Ugo Nespolo, un altro importante evento impreziosisce gli immacolati saloni del Palazzo Clerici a Cuggiono, in esposizione circa quaranta tele che ci introducono alla complessità espressiva della pittrice Giovanna Benzi, con la sua personale dal titolo “Non solo nuvole”.

    Pablo Picasso diceva “Anche una rosa se ben dipinta può essere rivoluzionaria”.  E io mi chiedo: “E se fossero nuvole”? La risposta ce la dà l’artista di origini milanesi Giovanna Benzi, che ha fatto delle nuvole il motivo unico della sua rappresentazione pittorica. Opere concettuali o iperreali? Io direi poesia di amore e libertà. Ed ha creato con esse un rapporto empatico, di interscambio sentimentale, rivoluzionario nella sua essenzialità. Una rivoluzione, intesa come accelerazione del tempo, dei cambiamenti, non solo del senso comune, ma anche delle consapevolezze individuali e sociali, continua e ineguagliabilmente complessa, dei linguaggi verbali, immaginari  e multimediali, che sempre più somiglia ad un caleidoscopio, dove tutto riesce ed incastrarsi col tutto, costituendo un universo di segnali e di segni, che poi finiscono per avere un codice qualsiasi, che rivoluzioni, anche solo per un attimo, il nostro comune senso della percezione, oppure costituisce un nuovo modo di sentire, senza più ritorno, separando nettamente, un prima da un dopo. Queste le nuvole che sono sotto i nostri occhi, metafora e speculum dell’esistenza umana, esse lambiscono  i nostri sensi, con tanta soffice delicatezza, così diversa dalle violenze a cui siamo antropologicamente abituati, che rischiano di passare inavvertite, mentre sconvolgono e continuano a sconvolgere i più consolidati parametri, su cui si fondano i nostri paradigmi conoscitivi, quelli che ci permettono di mettere in questione noi stessi e il mondo, l’infinitamente piccolo e invisibile, che si conferma come la fonte più sicura delle informazioni che riguardano noi tutti e l’universo che sta sotto gli atomi, fino ad ipotizzare che in questa direzione potremo scoprire l’origine stessa dell’universo e già parliamo di una prossima conoscenza dei cosiddetti mattoni di Dio, mentre l’infinitamente grande e  altrettanto invisibile, si mostra sempre più come il distendersi vettoriale verso il sistema solare e verso le mete intergalattiche, ipotizzando cronologie dell’ordine di miliardi di anni luce e velocità che superino quella della luce. Ammirare le opere della Benzi, per noi significa capire che siamo come le nuvole, pronti a trasformarci continuamente, anche in senso fisico, vista la capacità chimica (e oggi diremo anche clinica) di intervenire sulla forma, attenuandone o modificandone la morfologia e variare al variare del tempo, adattando le nostre caratteristiche culturali, morali ed etiche in modo da non essere travolti dalla corrente continua degli eventi, delle progettualità e delle derive e seguire le trasformazioni, in modo da esser sempre in sintonia, in sincronia, il che vuol dire anche in critica e in dissenso, con quello che accade, nel reale e nel virtuale, per non essere preda di teorie superate, di linguaggi mitizzati, di retoriche rituali, tutte quelle cose che in passato hanno presieduto alla nascita, alla crescita, al declino e alla morte delle civilizzazioni e delle civiltà.

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    Escluse le posizioni  di apocalitticiintegrati, che appartengono a due estremismi dogmatici, che non riescono a leggere le conservazioni e le trasformazioni, come insuperabili molecolarità della vita materiale e delle sue proiezioni culturali, in continua interazione tra il reale e il virtuale e viceversa, i primi destinati ad essere spazzati via dalla storia, i secondi  impastati tra infrarossi e ultravioletti, tutte le altre posizioni, sono accettabili e direi necessarie, per coltivare le memorie del passato e farle diventare energie della vita, ricordando che tutti gli innovatori, anche quelli oggi santificati, sono stati o pazzi o eretici e spesso le due cose insieme. Le nuvole della Benzi sanno stare insieme, si impalmano, si fondono, si corteggiano, si adagiano al cielo come nel Pantheon. Pantheon in religione, come luogo della reciproca riconoscibilità in cui si può stare gli uni accanto agli altri, senza infastidirsi reciprocamente, senza considerare la diversità come un difetto, anzi considerandola come un plus, quasi una perfezione. Un luogo sintesi di tutti i luoghi, dove non è necessario avere padrini, ma basta esserci, occupando il proprio posto e rispettando quello degli altri, anzi facendosene garante.

    Giovanna Benzi dipinge il sublime, erede, nel suo grande contenitore indicibile ed ineffabile, delle misure della bellezza, della libertà espressionistica, dell’emozione, della gestualità, del nomadismo, della sperimentazione, della teatralità della scena, del segreto di un laboratorio sapienziale e facturale, del grande teatro che è sopra di noi e della sua immensa volta celeste, conturbante aura fantastica e cappa insostenibile, caratterizzata, rizomaticamente ed atmosfericamente dalle nuvole.

    Esse si configurano come un grande contenitore, informe, elastico, pronto ad assumere la forma di tutto quello che contiene dentro, cambiando di continuo il loro modo di apparire, la loro transeunte morfologia, fatta di tutte le imperfezioni e le titubanze che vengono a scontrarsi, quando tutto è stasi e sembra movimento, quando tutto è movimento e sembra stasi.

     

    Pasquale Lettieri

     

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