10 Giugno 2011
La rivoluzione, intesa storicamente come accelerazione del tempo, dei cambiamenti, non solo del senso comune, ma anche delle consapevolezze individuali e sociali, continua e ineguagliabilmente complessa, dei linguaggi verbali, immaginari e multimediali, che sempre più somiglia ad un caleidoscopio, dove tutto riesce ed incastrarsi col tutto, costituendo un universo di segnali e di segni, che poi finiscono per avere un codice qualsiasi, che rivoluzione, anche solo per un attimo, il nostro comune senso della percezione, oppure costituisce un nuovo modo di sentire, senza più ritorno, separando nettamente, un prima da un dopo, è sotto i nostri occhi, lambisce i nostri sensi, con tanta soffice delicatezza, così diversa dalle violenze a cui eravamo antropologicamente abituati, che rischia di passare inavvertita, mentre sconvolge e continua a sconvolgere i più consolidati parametri, su cui si fondano i nostri paradigmi conoscitivi, quelli che ci permettono di mettere in questione noi stessi e il mondo, l’infinitamente piccolo e invisibile, che si conferma come la fonte più sicura delle informazioni che riguardano noi tutti e l’universo che sta sotto gli atomi, fino ad ipotizzare che in questa direzione potremo scoprire l’origine stessa dell’universo e già parliamo di una prossima conoscenza dei cosiddetti mattoni di Dio, mentre l’infinitamente grande e altrettanto invisibile, si mostra sempre più come il distendersi vettoriale verso il sistema solare e verso le mete intergalattiche, ipotizzando cronologie dell’ordine di miliardi di anni luce e velocità che superino quella della luce. La questione di oggi, di un tempo dialetticamente oscillante tra il nulla e il tutto, è quella della sua inconcludenza, in senso etimologico, intimo, di impossibilità a scrivere la parola fine, perché c’è sempre un’altra cosa da dire, un’altra parentesi da aprire, in un sistema paradossale che non si esaurisce mai, diventando sempre più metaforico, a dispetto della sua stessa qualità trattatistica. Tutto si mescola, continuamente, in modo così rapido, che molte cose rimangono, in nuce, non perché lo siano necessariamente, quanto perché, nel vortice che le ha comprese, sono rimaste ai margini della coscienza, della consapevolezza, della storia, pur contribuendo al determinarsi delle condizioni, in cui si svelano le prese di coscienza, le consapevolezze, che permettono, al pensiero di avere una logica, al linguaggio di avere un codice, al sapere di avere un costrutto. Il problema della presenza degli individui a se stessi, delle culture alle proprie coerenze, dei saperi alle poeticità, delle sperimentazioni alle nuove scoperta, rimane sempre un grande enigma, perché continuamente si vengono ad
infrangere le tenui certezze appena formate e si vengono a porre nuovi interrogativi, per cui basta interrogare dieci scienziati, per avere dieci risposte diverse, sulle origini delle specie umane ed animali, dieci geologi per avere dieci teorie divergenti, su terremoti ed esplosioni
solari: tanto che regna sovrano un disorientamento, che costituisce una sorta di nuovo ordine,con cui dobbiamo imparare a vivere e convivere, cercando e trovando, là dove è possibile, perché non sempre lo è, codici per dire e codici per farsi dire.