L’ARTE E IL MISTERO DELLA TRINITÀ – DIALOGO CON PASQUALE LETTIERI

di Bruno Volpe

Domenica 15 giugno la Chiesa cattolica celebra la solennità della Santissima Trinità, mistero cardine della fede cristiana: un solo Dio in tre persone, Padre, Figlio e Spirito Santo. Un concetto teologico profondo, al di là della logica razionale, che però ha ispirato anche il mondo dell’arte. Ne abbiamo parlato con Pasquale Lettieri, storico e critico d’arte di scuola napoletana, da sempre attento al rapporto tra fede e rappresentazione visiva.

Professor Lettieri, in che modo l’arte si è confrontata con il mistero della Trinità?
«È un tema che ha attraversato secoli e culture, sia in Oriente, dove domina la tradizione iconica, sia in Occidente. Per i credenti, la Trinità è un mistero da accettare con fede, al di là delle categorie della ragione. Eppure, proprio questo suo carattere ineffabile ha affascinato profondamente gli artisti, che hanno tentato di darne forma visibile. È il paradosso dell’arte sacra: rappresentare ciò che per natura è irrappresentabile.»

Quali sono le prime raffigurazioni che possiamo ricordare?
«Un simbolo tra i più antichi è quello degli anelli borromei: tre cerchi intrecciati che rappresentano l’unione inscindibile tra Padre, Figlio e Spirito Santo. Un altro emblema è lo scutum fidei, o Scudo della Trinità, che esprime in forma araldica la coesistenza e distinzione delle tre persone divine. E ancora l’occhio di Dio, che scruta dall’alto e che, nei secoli successivi, sarà ripreso anche in contesti esoterici e massonici.»

Ci sono opere specifiche che reputa fondamentali?
«Certamente. Penso al mosaico della chiesa di San Vitale a Ravenna, dove la Trinità trova una delle sue prime espressioni figurative. Poi c’è la splendida Trinità di Antonello da Messina, conservata a Reggio Calabria: raffigura i tre angeli in visita ad Abramo, secondo la tradizione veterotestamentaria. È sorprendente quanto questa scena sia vicina all’interpretazione che ne diede Andrej Rublev, il grande iconografo russo autore della celebre Trinità custodita oggi alla Galleria Tret’jakov di Mosca.»

Ci sono altri filoni iconografici da considerare?
«Sì, esistono anche raffigurazioni della Trinità attraverso una triplice immagine di Cristo, una sorta di reductio ad unum. Oppure rappresentazioni con il Figlio seduto alla destra del Padre e lo Spirito Santo tra loro, come nel caso dell’opera di Guiard des Moulins conservata a Parigi.»

C’è spazio anche per soluzioni più simboliche?
«Assolutamente. Alcuni artisti, come il Bronzino, hanno proposto la Trinità con una figura tricefala o trifronte, cioè con tre volti su un unico corpo. Una visione complessa e potente. Ma la raffigurazione più celebre e commovente resta quella di Masaccio, nella chiesa di Santa Maria Novella a Firenze: il Padre che sorregge il Figlio crocifisso, in un’immagine che sintetizza insieme dolore e redenzione.»

Anche El Greco ha affrontato il tema, vero?
«Sì, in un dipinto straordinario conservato al Museo del Prado di Madrid. Anche lì troviamo Dio Padre che tiene il corpo del Figlio morto. Una composizione intensa, spirituale e carica di pathos.»

Pasquale Lettieri | Arte, Critica e Visioni Contemporanee
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